
Nei giorni scorsi il Parlamento ha dato il via libera alla Nota di aggiornamento del DEF (Documento di Economia e Finanza) predisposta dal Governo, che fissa allo 0,3% lo scostamento dal piano di riduzione del deficit per il 2018 (la correzione strutturale indicata ad aprile era dello 0,8%).
E’ stata anche approvata una risoluzione della maggioranza che "impegna il governo a favorire, nella legge di bilancio 2018-2020, un complesso di interventi in materia sanitaria, volti a incrementare nel tempo le risorse di conto capitale destinate ad investimenti nel settore della sanità e rivedere gradualmente il meccanismo del cosiddetto super ticket al fine di contenere i costi per gli assistiti che si rivolgono al sistema pubblico".
IL DEF, e il suo documento di aggiornamento, rappresentano un provvedimento di grande interesse generale perché fissano le coordinate e gli obiettivi entro cui si muoverà la cosiddetta manovra economica, fondata sulla Legge di Bilancio, che dovrà essere presentata alle Camere entro il 20 ottobre. "Più PIL, meno debito" è la frase con cui il Ministro Padoan ha sintetizzato la Nota di aggiornamento. Effettivamente le previsioni attuali, con i nuovi ritmi di crescita del PIL, l’occupazione in aumento e una rinnovata fiducia di cittadini e aziende, sono migliori rispetto a quelle del DEF originario di aprile.
La variazione reale del PIL a fine 2017 è prevista al +1,5% rispetto all’anno precedente (anziché +1,2%) e la stessa crescita dovrebbe ripetersi nel 2018 e nel 2019. Riguardo al debito, la Nota di aggiornamento 2017 lo prevede al 131,6% del PIL nel 2017 e al 130% nel 2018, in riduzione rispetto ai corrispondenti valori del DEF di aprile, ovvero il 132,5% e il 131%. Nonostante queste note positive, le risorse che il Governo avrà disponibili per la politica economica attiva nei punti focali - sostegno all’occupazione giovanile e agli investimenti, lotta alla povertà - sono assai limitate, pur in presenza della (modesta) ripresa economica in atto e dei margini di flessibilità accordati dalla Ue in materia finanziaria.
C’è, infatti, da ricordare che sui conti pubblici incombono le cosiddette clausole di salvaguardia, un meccanismo introdotto dal 2011 per rassicurare la Ue e i mercati, le quali prevedono l’aumento automatico dell’IVA nel caso in cui lo Stato non riesca a reperire le risorse pianificate nel bilancio.
Atteso che è sconsigliabile aumentare l’IVA in un momento così delicato per l’economia, solo per disinnescare questo meccanismo occorrono 15,7 miliardi di euro. E qui si ritorna nell’eterno dilemma: se il Governo vuole bloccare le “clausole” e contemporaneamente avere un po’ di risorse da investire per sostenere l’economia, deve ricorrere a nuova spesa in deficit (cioè fare altri debiti). Ma questo significherebbe confrontarsi con l’Europa e i vincoli europei – e il risultato delle elezioni in Germania con l’affermazione dei liberali rigoristi rende questo più arduo -, nonché affrontare la sfida dei mercati finanziari.
Il premier Gentiloni, presentando la Nota di aggiornamento al Def, ha assicurato che la manovra economica “non sarà depressiva”, ma il sentiero resta molto stretto.
Pensioni e welfare: La Nota di aggiornamento del DEF contiene anche alcuni approfondimenti legati agli aspetti pensionistici e sociali. Per quanto riguarda il sistema pensionistico, Eurostat ha appena rivisto le previsioni demografiche in modo peggiorativo per l’Italia, col tasso di fecondità che scende ancora e il flusso migratorio netto che si dimezza. Il risultato è che in Italia, nel 2060, ci saranno 9 milioni di abitanti in meno del previsto con l’indice di dipendenza degli anziani in crescita di 8 punti.
In tale quadro le previsioni di spesa per le pensioni nel medio termine, fatte sulla base dei parametri europei condivisi, mostrano una situazione peggiore del previsto.
La spesa pensionistica continuerà a salire, per i prossimi 20 anni, raggiungendo il picco massimo nel 2040, quando toccherà il 18,4% del PIL. In 20 anni, cioè rispetto al 2020, crescerà di 3,1 punti percentuali, che ammontano ad oltre 50 miliardi.
Le risorse per le pensioni passeranno dal 15,3% del PIL al 16% dopo cinque anni, al 16,9% nel 2030 e al 17,9% nel 2035, per toccare il picco massimo nel 2040. Nello stesso periodo la spesa sociale complessiva passerà dal 26,9% del PIL nel 2020 al 30,7% nel 2040 (+3,8 punti). La seconda voce, per importanza, quella della sanità, partirà nel 2020 dal 6,3% del PIL per arrivare al 7,3% nel 2040.
In complesso la spesa pubblica legata all’invecchiamento della popolazione, che tiene conto anche di quella sanitaria, registra un progressivo peggioramento rispetto alla alle precedenti previsioni, e questo rischia di creare ancor più problemi per il Governo nella predisposizione della Manovra di bilancio, specialmente se si considera il contesto che vede da una parte i sindacati chiedere al Governo di fare marcia indietro sull’aumento dell’età pensionabile a 70 anni e alcuni partiti che chiedono importanti segnali sulla sanità e dall’altra parte Bankitalia che ritiene fondamentale garantire la piena attuazione delle riforme approvate in passato senza tornare indietro e al tempo stesso la Corte dei Conti sottolinea che ogni arretramento metterebbe i conti a rischio.