
Il rapporto di convivenza non attribuisce al convivente superstite un titolo idoneo a possedere o detenere l'immobile adibito a casa familiare, né il diritto di abitazione ex art. 540 c.c. comma 2, riservato al coniuge dalla legge ereditaria. In caso di cessazione della convivenza per morte del convivente proprietario, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull'immobile, così che nessuna pretesa può essere avanzata nei confronti degli eredi legittimi.
La Cassazione (sentenza 27 aprile 2017, n. 10377) afferma che al momento del decesso del convivente proprietario, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull'immobile di cui era titolare l’altro convivente, così che nessuna pretesa può essere avanzata dal convivente nei confronti degli eredi legittimi.
La Corte, in particolare, specifica che la detenzione qualificata del convivente non proprietario né possessore sul bene, è esercitabile e opponibile ai terzi, se è ancora esistente il titolo da cui deriva, e cioè in quanto perduri la convivenza.
In caso di cessazione della convivenza, si estingue anche il diritto avente ad oggetto la detenzione qualificata sull'immobile. La relazione di fatto tra il bene e il convivente superstite, potrà ritenersi legittima soltanto se:
- il convivente superstite sia stato istituito coerede o legatario dell'immobile per disposizione testamentaria;
- sia costituito un nuovo e diverso titolo di detenzione da parte degli eredi del convivente proprietario.
Nessun contrasto, con i principi giurisprudenziali emessi dalla Corte costituzionale e con le nuove norme a tutela delle convivenze di fatto. La Corte, afferma espressamente che la rilevanza sociale e giuridica che ha assunto la convivenza di fatto, non incide sul legittimo esercizio dei diritti spettanti ai terzi sul bene immobile.
Non è applicabile alla fattispecie in esame, la nuova Legge 20 maggio 2016, n. 76, art. 1, comma 42, che attribuisce al convivente superstite il diritto di continuare ad abitare nella casa familiare, per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni.
(Fonte Altalex)