
Si ricorderà che la legge di Stabilità 2016 prevedeva la possibilità per i lavoratori più anziani di distaccarsi progressivamente dal lavoro attivo attraverso l’accesso ad un part-time agevolato che da una parte fosse non troppo penalizzante in termini di busta paga nel periodo intercorrente fino al pensionamento e dall’altra assicurasse al lavoratore una pensione senza decurtazioni.
Con la firma da parte del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, congiuntamente al Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, del decreto di attuazione della norma, il part time agevolato per chi è vicino alla pensione prende il via.
Esso consentirà ai lavoratori dipendenti del settore privato che sono a non più di tre anni dal raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia di fare un accordo con il datore di lavoro per passare dal regime a tempo pieno a un orario parziale (dal 40 al 60% di quello normale) prendendo una retribuzione pari a circa i due terzi di quella ordinaria. Questo perché l’azienda verserà direttamente in busta paga i contributi previdenziali sulla parte di orario che viene ridotto, anziché versarli all’Inps come avrebbe fatto se l’orario fosse stato pieno. Questa somma si aggiungerà esentasse allo stipendio ricalcolato sulla base dell’orario ridotto.
I vantaggi per il lavoratore non finiscono qui. Egli infatti non subirà danni sulla pensione futura a causa della mancata corresponsione dei contributi all’Inps, perché sarà lo Stato a farsene carico attraverso il riconoscimento di contributi figurativi.
E’, questa, una norma che punta a favorire l’uscita graduale dal lavoro dipendente in linea con quanto già esiste nella legislazione di altri Paesi. In questo senso le sue finalità sono condivisibili, anche considerando che, superati i 63/64 anni, specialmente se si svolge un lavoro manuale, diventa più problematico, quando non impossibile, per il lavoratore seguire i ritmi lavorativi e, corrispondentemente, assicurare al datore di lavoro un rendimento all’altezza del costo del lavoro che lo stesso deve sostenere.
Tuttavia essa non ha nulla a che vedere con la flessibilità del pensionamento in uscita che è oggetto di varie proposte, parlamentari e non, e cioè con la possibilità - che molti lavoratori attendono - di andare in pensione con qualche anno di anticipo rispetto alla riforma Fornero, senza aspettare di avere maturato i rigidi requisiti oggi vigenti, a costo anche di un importo di pensione decurtato.
Il provvedimento di cui al Decreto emanato nei giorni scorsi ha una portata assai limitata (ed un costo relativamente basso per le casse pubbliche), in quanto contiene parecchie limitazioni.
Innanzitutto, per l’appunto, l’esiguità delle risorse stanziate dalla legge di Stabilità: solo 60 milioni di euro nel 2016 per il finanziamento dei contributi figurativi, che salgono a 120 milioni nel 2017, per ridursi di nuovo a 60 nel 2018. Questo significa che, se davvero il part-time agevolato dovesse avere successo, le risorse non basterebbero per quanti vorrebbero accedervi.
Calcolando in 6 mila euro i versamenti all’Inps da parte dell’azienda su una retribuzione media (e quindi in 3mila euro i contributi figurativi), 60 milioni basterebbero per incentivare non più di 20 mila lavoratori.
In secondo luogo si tratta di una misura sperimentale assai circoscritta: vale per i dipendenti privati che entro il 31 dicembre 2018 maturino i normali requisiti per accedere alla pensione di vecchiaia (20 anni di contributi e 66 anni e 7 mesi d’età), e quindi bisognerà avere almeno 63 anni e 7 mesi d’età (62 anni e 7 mesi se donne).
Questo fa sì che ne siano esclusi i lavoratori del pubblico impiego e i lavoratori autonomi, i quali ultimi, specie se svolgono manualmente un lavoro artigianale od agricolo, arrivano a quelle età totalmente usurati, tanto che molto spesso debbono cessare l’attività o passare l’azienda ai figli.
In terzo luogo non è scontato che, anche quando il lavoratore vorrebbe accedere al part-time agevolato, il datore di lavoro acconsenta: è infatti necessario raggiungere un accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro per stipulare un "contratto a tempo parziale agevolato" che durerà fino al raggiungimento dei requisiti normali per la pensione di vecchiaia.
In quarto luogo non è previsto alcun obbligo per le aziende nell’assumere, magari anche in maniera agevolata, giovani per compensare le ore lavorate in meno: si tratta obiettivamente di una grossa lacuna della legge visto che il tasso di disoccupazione giovanile è alle stelle.
Infine, il contratto di part time agevolato rischia di avere poca applicazione per quanto riguarda le donne per effetto del diverso requisito anagrafico previsto in questi anni e dell’equiparazione nel 2018 dell’età tra maschi e femmine.
Nell’incognita su come la norma sarà recepita dai lavoratori e dai datori di lavoro, se cioè essa troverà buona applicazione, l’auspicio è che il principio del pensionamento graduale ed attivo sia praticato in modo più ampio nel nostro sistema legislativo, con vantaggi per gli anziani e per la stessa economia italiana.