
Dal primo gennaio del prossimo anno le pensioni riprenderanno ad aumentare per effetto della perequazione automatica. Ciò vale tanto per le pensioni al minimo che per le pensioni al di sopra del minimo, con un effetto decrescente in termini percentuali man mano che ci si sposta verso pensioni più alte per effetto del meccanismo di perequazione che favorisce le pensioni basse.
L’anno prossimo le pensioni torneranno ad aumentare dopo due anni di invarianza. Ciò per effetto del meccanismo automatico di adeguamento delle pensioni all’inflazione, o meglio alla variazione del costo di un determinato paniere che costituisce il punto di riferimento per le prestazioni previdenziali e assistenziali: l’indice Istat dei prezzi al consumo, tabacchi esclusi, per le famiglie di operai e impiegati.
Da gennaio si applicherà l’indice di aumento provvisorio relativo al 2017, che è pari a +1,1%. Di conseguenza aumenteranno tutti i parametri di riferimento delle prestazioni previdenziali: dal trattamento minimo, che passerà dagli attuali 501,89 a 507,41 euro, all’assegno sociale (da 448,07 a 453 euro), ai vitalizi al trattamento di invalidità civile, e poi ancora ai limiti di reddito per l’integrazione al minimo o il cumulo delle pensioni ai superstiti.
Ovviamente aumenteranno anche le pensioni in pagamento superiori al minimo. Per chi percepisce 1.000 euro lordi al mese l’incremento sarà di 11 euro, con 1.600 euro l’aumento sarà di 16,72 euro, con 2.100 euro di 17,33 euro. Rapportato all’intero anno, quindi tredicesima compresa, significa che chi riceve la pensione minima avrà poco meno di 72 euro in più; chi intasca 13mila euro all’anno, ne riceverà 143 in più. Inoltre chi ha una pensione compresa tra 1.500 e 3.000 euro al mese "guadagnerà" tra i 200 e i 260 euro lordi all’anno.
Con il crescere dell’importo della pensione, l’aumento è proporzionalmente minore perché il meccanismo di perequazione favorisce gli assegni di valore più basso, riconoscendo solo a loro l’adeguamento pieno all’inflazione.