L’ecografia

Da anni si assiste ad un aumento continuo della richiesta di esami ecografici; ciò risponde al generale incremento della domanda di salute da parte della popolazione, ma induce anche ad alcune considerazioni in merito. Lo spunto per questo articolo mi viene dalla constatazione che malgrado l’ecografia sia utilizzata in campo diagnostico da alcuni decenni e che quindi possa ormai considerarsi ampiamente chiusa la fase di "impatto" di questa metodica, rimane comunque alta la percentuale di richieste "inadeguate".

Possono considerarsi inadeguate quelle richieste in cui manca una reale indicazione all’esame, quelle in cui il quesito clinico è assente o generico ed infine quelle in cui mancano le informazioni più importanti sullo stato del paziente. Ciò a volte comporta una riduzione della qualità dell’esecuzione e della interpretazione dell’indagine, esponendo il medico radiologo al rischio di non cogliere l’obbiettivo dell’esame, con possibile conclusione errata di malattia (o di non malattia) del paziente. Inoltre non va sottovalutato l’effetto economico negativo, ancora più rilevante in una fase storica come l’attuale, caratterizzata una crescita progressiva del bisogno di prestazioni diagnostiche, in contrasto con l’esigenza di ridurre i costi e controllare la spesa sanitaria.

Quanto sopra è la dimostrazione che esiste a tutt’oggi un ampio deficit di comunicazione e di informazione tra pazienti e medici proponenti da un lato e medici radiologi dall’altro. E’ ovvio che il radiologo ha la possibilità di colmare il deficit informativo con una ricostruzione anamnestica e clinica, ma il colloquio con il paziente è in molti casi insufficiente. Fortunatamente per l’ecografia il fenomeno è meno rilevante rispetto ad altre metodiche quali tac e risonanza magnetica. Va sottolineato che la sua validità risiede anche nel fatto che a fronte di assoluta assenza di danno biologico le informazioni sono precise e numerose, e che un peso rilevante è rappresentato dal frequente riscontro di reperti occasionali a volte di particolare rilevanza clinica.

A mio avviso è comunque opportuno che il medico radiologo stabilisca sempre più efficienti relazioni con i medici proponenti, al fine di ottimizzare il risultato diagnostico. Quanto esposto di seguito, anche in modo sintetico e sicuramente incompleto, mira a tale scopo ed è rivolto anche ai pazienti che spesso per primi loro stessi rivolgono in tal senso istanze precise al proprio medico.

Premesse. L’ecografia è una metodica d’indagine diagnostica ampiamente applicata in medicina. Entrata nell’uso clinico da ormai più di 30 anni, malgrado l’avvento di tecniche sofisticate quali tac, risonanza magnetica, pet ecc ha conservato intatte le sue potenzialità diagnostiche. Anzi in virtù di sempre continui progressi tecnologici attualmente è possibile disporre di apparecchiature in grado di dare informazioni molto dettagliate. Inoltre la sua innocuità biologica dovuta al fatto che si usano ultrasuoni e non radiazioni ionizzanti, unita alla sua grande versatilità ne hanno favorito l’applicazione sempre più estesa in campo diagnostico medico, fino a diventare per molte branche specialistiche, supporto irrinunciabile. La tecnica si basa sull’impiego degli ultrasuoni, con frequenze comprese tra 2 e 15-20 MHz ; la scelta è determinata dal fatto che frequenze elevate hanno maggiore potere risolutivo dell’immagine, ma minore capacità di penetrazione nei tessuti del soggetto, al contrario frequenze più basse permettono di analizzare strutture più profonde. Pertanto con l’utilizzo di sonde appropriate è possibile studiare numerosi organi, da quelli superficiali quali tiroide e mammella, a quelli profondi dell’addome come fegato, pancreas, reni, milza ecc. E’ facilmente comprensibile quindi che questa metodica ha grandi potenzialità diagnostiche in medicina interna, chirurgia, oncologia, urologia, ginecologia, ostetricia, cardiologia, ortopedia, ecc. Il limite è rappresentato dal fatto che l’ecografia, più di altre metodiche d’immagine, è operatore-dipendente, per cui vengono richieste particolari doti di manualità e spirito di osservazione, oltre a cultura dell’immagine ed esperienza clinica.

E’ ovvio che il risultato diagnostico è anche condizionato dal livello tecnologico della apparecchiatura utilizzata. L’ecografia è ben accettata dai pazienti perché non è dolorosa, non utilizza radiazioni e non richiede in genere particolari preparazioni. Purtroppo, come già detto, si registra un ricorso eccessivo, a volte improprio, a questa metodica.

Principi fondamentali: L’ecografia si basa su un fenomeno fisico ben preciso: i cristalli di quarzo, attraversati da una corrente elettrica, generano onde sonore che però in virtù della loro elevata frequenza non sono udibili dall’orecchio umano e perciò sono chiamati ultrasuoni. Gli ultrasuoni, generati dalla sonda che viene appoggiata sul corpo, si spostano e si propagano nei tessuti fino a che, incontrando un ostacolo, una parte di essi viene riflessa e torna alla sonda. Conoscendo la velocità di propagazione ed il tempo impiegato a compiere il percorso è possibile localizzare in modo preciso il punto di riflessione. Gli "ostacoli" nel corpo umano sono rappresentati dalle componenti tissutali dei vari organi e che riflettono gli ultrasuoni in base alle differenze di densità tra gli stessi. Ad esempio le ossa per la loro elevata densità assorbono gli ultrasuoni, mentre le formazioni liquide li lasciano passare senza attenuarne l’energia di propagazione.

Tra questi due estremi esiste una ampia gamma di tessuti, che assorbono e riflettono gli ultrasuoni in modi estremamente diversi. I segnali di ritorno vengono registrati ed opportunamente amplificati dal computer dell’ecografo, fino a rappresentare un’immagine che è la risultante dei singoli punti di riflessione. Ne consegue che l’ecografia è particolarmente adatta alla studio di organi parenchimatosi quali fegato, pancreas, milza, reni, tiroide, mammella, utero, ovaie, muscoli, ecc. Anche organi a contenuto liquido quali colecisti e vescica sono facilmente analizzabili. Al contrario gli ultrasuoni hanno pessima trasmissione attraverso i gas e pertanto gli organi contenenti aria, come i polmoni ed intestino non sono studiabili con questa metodica.

Infine il fatto che le strutture ossee non consentono la propagazione degli ultrasuoni rende impossibile l’utilizzo dell’ecografia per lo studio di patologie dello scheletro. Tutti i moderni ecografi sono dotati di modulo doppler, che permette di analizzare il flusso del sangue all’interno di organi quali cuore e vasi sanguigni, fornendo informazioni sulla direzione ed intensità del flusso. In genere con l’ecografia le informazioni si ottengono appoggiando la sonda sul corpo del paziente. In alcuni casi invece, con sonde particolari, è possibile "entrare" in alcuni organi ed ottenere così informazioni molto più precise. E’ questo il caso della ecografia endorettale per lo studio della prostata e delle pareti del retto, o della ecografia endovaginale per lo studio dell’utero e delle ovaie.

Più recentemente sono state progettate sonde che possono penetrare anche più in profondità, ad esempio in esofago o nello stomaco, permettendo di studiare più da vicino organi del torace e dell’addome. L’ecografia può anche guidare l’esecuzione di una biopsia o di un agoaspirato. Tale manovra consiste nel prelievo di campioni di cellule o di microscopici frammenti di tessuto e a volte diventa necessaria per la precisa caratterizzazione di una lesione (ad esempio differenziare una lesione benigna da un tumore maligno). In più sotto guida ecografica è possibile posizionare tubi di drenaggio all’interno di organi e strutture, senza dover ricorrere a complessi interventi chirurgici.

Conclusioni. Quelle sopra esposte in modo incompleto e sommario rappresentano solo alcune delle principali applicazioni dell’ecografia in campo diagnostico. Basti pensare al ruolo fondamentale che svolge in campi specialistici quali cardiologia, ostetricia, ginecologia e pediatria. In conclusione si può affermare che l’ecografia in mani esperte e con apparecchiature di buon livello a fronte di bassi costi, rapidità di esecuzione e ottima tollerabilità da parte del paziente è in grado di fornire un numero notevole di informazioni diagnostiche e rappresenta molto spesso un efficace filtro nei confronti di metodiche più complesse e costose. Infine mi sembra utile ribadire che il risultato diagnostico, come detto sopra, migliora sensibilmente ed in modo direttamente proporzionale alla adeguatezza della richiesta.

Dott. Francesco Pucci, Specialista in radiologia

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