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E’ quanto rilevato dall’Istat e dal Cnel e riportato nel Rapporto Bes (benessere equo e sostenibile). Gli italiani, secondo il rapporto, continuano a possedere una ricchezza reale netta tra le più alte in Europa, larga­mente dovuta all’elevata diffusione della proprietà dell’abitazione di residenza. L’intensità e la persistenza della crisi economica, tuttavia, da un lato hanno ridotto il valore di questa ricchezza, e dall’altro hanno ampliato la disuguaglianza economica e l’area della povertà e della deprivazione materiale.

La ricchezza netta complessiva nel 2012, infatti, è scesa, rispetto all’anno precedente, dello 0,6% a prezzi correnti e del 2,9% in termini reali. Tale diminuzione è largamente dovuta al calo nel valore degli immobili. Inoltre, nel quinquennio della crisi il reddito per abitante, in valori correnti, è diminuito nel Centro-Nord (-4% nel Nord e -2,9% nel Centro) ed è rimasto pressoché identico nel Mezzogiorno (+0,1%), dove, tuttavia, è pari al 65% di quello delle re­gioni settentrionali.

Con il perdurare della crisi l’efficacia dei sistemi di protezione disponibili – ammortizzatori sociali e solidarietà familiare – si è progressivamente indebolita. Nel 2011, gli indicatori avevano già segnalato un aumento della grave deprivazione materiale e un incremento del rischio di povertà nel Centro-Sud, accompagnati da una più accentuata disuguaglianza del reddito e della ricchezza. Nel 2012, le difficoltà economiche delle famiglie si sono accentua­te: dalla diminuzione del reddito reale disponibile e della ricchezza reale netta complessiva è derivato un calo della spesa per consumi e un aumento degli indicatori di povertà, soprat­tutto assoluta, e di deprivazione.

L’indicatore di povertà assoluta, basato sulla spesa per consumi nel 2012 mostra un au­mento di ben 2,3 punti percentuali: la quota di persone che vivono in famiglie assolutamente povere passa dal 5,7% all’8% e aumenta in tutte e tre le ripartizioni territoriali (dal 4% al 6,4% nel Nord, dal 4,1% al 5,7% nel Centro, dall’8,8% all’11,3% nel Mezzogiorno). L’aumento, alquanto generalizzato, coinvolge in particolare le famiglie più ampie, quelle composte da coppie con tre o più figli, soprattutto se minori, e aumenti significativi vengono registrati tra le famiglie di monogenitori o con componenti aggregati.

L’indicatore di grave deprivazione, che nel 2011 era aumentato all’11,1% (+4,2 punti percen­tuali rispetto al 2010), nel 2012 ha raggiunto il 14,5% (+3,4 punti percentuali rispetto al 2011), nel 2013 registra un miglioramento, scendendo al 12,5%, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste, di non potersi permettere un pasto proteico adeguato ogni due giorni o di riscaldare adeguatamen­te l’abitazione.

Nel 2013 emergono segnali positivi, seppure ancora deboli. È aumentata la propensione al risparmio (12,8%) e sembra leggermente diminuito (intorno al 5%) il ricorso all’indebita­mento; le famiglie hanno cioè contratto i propri consumi, per poter, in alcuni casi, risparmia­re o, in altri casi, indebitarsi di meno.

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Le condizioni economiche delle famiglie non migliorano, nonostante deboli segnali positivi nel 2013
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