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Infermieri sottopagati e demotivati: un rischio per la continuità dell’assistenza


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Carenza di infermieri in Europa: un’emergenza sanitaria comune
Secondo la Commissione Europea, in Europa mancano 1,2 milioni di medici, infermieri e ostetriche e la situazione si aggraverà ancor più nel futuro a causa dell’invecchiamento della popolazione che comporterà un maggior bisogno di assistenza e il contemporaneo calo dell’interesse per le carriere infermieristiche. La concorrenza tra i paesi dell’UE per cercare di attrarre e trattenere i professionisti del settore medico aggrava ulteriormente la situazione.
Il progetto UE per trattenere e formare nuovi infermieri
Per fronteggiare questa grave carenza che rischia di mandare in crisi i Sistemi Sanitari in molti Paesi, la Commissione Ue ha avviato una prima azione per sostenere gli Stati membri in progetti per trattenere e attrarre infermieri, con un bilancio di 1,3 milioni di euro nell’ambito del programma “UE per la salute“.
L’azione, che l’UE sta sviluppando in collaborazione con l’ufficio regionale europeo dell’OMS, si svolge su un orizzonte triennale per lanciare nuovi e migliori programmi di formazione in tutti gli Stati membri per attrarre giovani studenti nel settore infermieristico. Mediante una stretta cooperazione con gli Stati membri, le organizzazioni di medici e infermieri e le parti sociali, l’iniziativa sarà adattata alle specifiche esigenze nazionali e subnazionali, comprendendo programmi di tutoraggio per attrarre una nuova generazione di infermieri, valutazioni delle problematiche che sono alla base delle carenze strutturali, strategie per migliorare la salute e il benessere degli infermieri e azioni per sfruttare i benefici della trasformazione digitale e dell’IA.
L’Italia tra i Paesi con meno infermieri e stipendi più bassi. Il rapporto FNOPI-Sant’Anna
Quindi, il problema della carenza di personale medico e infermieristico non è questione solo italiana. Tuttavia, l’Italia è uno dei Paesi europei con maggiori carenze di personale medico e infermieristico e quindi con maggiori rischi per la continuità nell’assistenza sanitaria alla popolazione.
A darne un’ulteriore conferma è il primo “Rapporto sulle professioni infermieristiche” curato da FNOPI (Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche) e Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa.
Il Rapporto fornisce dati e informazioni sulle principali problematiche che riguardano gli infermieri in Italia, i quali – vogliamo sottolineare – costituiscono l’ossatura portante del Servizio Sanitario Nazionale, rappresentando il 40% della forza lavoro nel settore. Il Rapporto fa anche dei confronti nell’ambito europeo e nell’ambito italiano tra le varie Regioni, mettendo in rilievo l’immagine di una categoria che, pur essendo centrale per la sanità pubblica, viene penalizzata da stipendi bassi e scarse prospettive di carriera, che alimentano crescente insoddisfazione.
Riguardo alla remunerazione del lavoro infermieristico, con 32.400 euro lordi l’anno di stipendio medio di un infermiere italiano, a fronte di una media europea che supera i 39.800 euro, l’Italia si colloca tra i Paesi con la remunerazione più bassa, malgrado l’elevato carico di lavoro e le responsabilità crescenti. I Paesi dove gli infermieri sono più pagati sono il Lussemburgo, la Germania e i Paesi Bassi, dove non solo si guadagna molto di più, ma si registra anche un numero più elevato di infermieri ogni 1.000 abitanti, a testimonianza del fatto che un miglior trattamento economico aiuta a trattenere il personale e a garantire qualità assistenziale.
L’altro problema tutto italiano è la differenza tra Nord a Sud. Se in Trentino-Alto Adige un infermiere può arrivare a guadagnare 37.204 euro all’anno, in Molise si scende a 26.186 euro, con altre regioni meridionali come Campania e Calabria ferme sotto i 30.000 euro. Un divario, questo, che si riflette anche nelle opportunità di carriera: nel Meridione i dirigenti infermieristici sono pochissimi (in Campania appena 0,2 dirigenti ogni 1.000 infermieri), mentre in regioni come l’Emilia-Romagna o il Trentino superano quota 3.
L’insoddisfazione legata alla retribuzione e alle opportunità di carriera è certamente alla base della carenza di personale. In Italia ci sono 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro gli 8,4 della media europea. Ma se si guarda solo al personale pubblico (escludendo quindi gli infermieri che lavorano in strutture private), il dato crolla a 4,79 infermieri per 1.000 abitanti. E le differenze regionali sono drammatiche: la Lombardia ha appena 3,53 infermieri per 1.000 abitanti, contro i 6,3 della Liguria.
Le cause della fuga degli infermieri
Il Rapporto sottolinea il fatto che, per le su esposte ragioni, quasi il 30% degli infermieri italiani pensa di cambiare lavoro, e nelle aree ospedaliere fino al 45% valuta di lasciare la professione entro un anno. Tra le principali motivazioni: stipendi inadeguati, mancanza di personale e scarse opportunità di crescita.
In definitiva, il Rapporto evidenzia chiaramente l’urgenza di un intervento strutturale per la valorizzazione della professione infermieristica e di un adeguamento delle politiche professionali e salariali ai livelli europei, ponendo in particolare evidenza che si tratta di una questione che non riguarda solo i legittimi interessi degli operatori sanitari, ma la tenuta stessa dell’intero sistema sanitario pubblico.
In un Paese dove il personale sanitario è sempre più anziano e meno motivato, ignorare queste problematiche e non dare voce alle aspettative legittime di chi garantisce ogni giorno assistenza e cure significa mettere a rischio la salute di tutti.
Foto fonte: Image by freepik

