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Novità » Rapporto ISTAT e anziani

Rapporto annuale ISTAT 2025: un quadro per comprendere meglio il mondo degli anziani

  • 29 Maggio, 2025
Rapporto Istat 2025 punti chiave degli anziani nella società di oggi
Il Rapporto ISTAT 2025 fotografa la condizione degli anziani italiani tra longevità, povertà e accesso ai servizi socio-sanitari. I dati.
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Rapporto Istat 2025 punti chiave degli anziani nella società di oggi

Il 21 maggio scorso a Palazzo Montecitorio, il Presidente dell’ISTAT ha presentato il “Rapporto annuale 2025. La situazione del Paese”.

La trentatreesima edizione del Rapporto esamina i cambiamenti economici, demografici e sociali che hanno interessato il Paese nell’anno scorso, offrendo un quadro informativo ampio e approfondito sulle principali sfide del nostro tempo e su quelle che l’Italia sarà chiamata ad affrontare nei prossimi anni, fornendo altresì interessanti spunti sulla situazione degli anziani.

Rapporto Istat 2025 punti chiave degli anziani nella società di oggi

Il Rapporto è articolato in quattro capitoli: Economia e ambiente; Popolazione e società; Una società per tutte le età; Il sistema economico tra vincoli e opportunità: un confronto tra le generazioni. Noi proporremo qui alcuni aspetti evidenziati dall’ISTAT, estratti in modo particolare dal capitolo “Una società per tutte le età”, slogan da sempre usato da noi e da AGE Platform Europe a cui affidiamo la rappresentanza a livello europeo.

Demografia e generazioni. Un quadro di sintesi

La dinamica demografica e sociale dell’Italia continua a riflettere trasformazioni profonde, con una popolazione residente in costante calo, con le famiglie che diventano sempre più piccole, mentre si riduce la presenza dei nuclei familiari con figli.

Le condizioni economiche delle famiglie restano fragili, con la povertà assoluta che è stabile rispetto all’anno precedente ma in aumento nel confronto con dieci anni prima.

Le condizioni di salute mostrano segnali contrastanti. La speranza di vita alla nascita ha superato i livelli pre-pandemici, ma gli anni vissuti in buona salute si riducono, soprattutto tra le donne e nel Mezzogiorno. La rinuncia alle prestazioni sanitarie è in aumento, in particolare a causa delle lunghe liste di attesa o per motivi economici. Il disagio psicologico cresce e le condizioni di salute soggettive dichiarate dalle persone con disabilità restano critiche. Per loro la prevalenza di malattie croniche è molto elevata, colpendo in particolare gli anziani, con un impatto più marcato sulle donne.

L’aumento straordinario della sopravvivenza ha trasformato radicalmente la struttura della popolazione italiana, dando origine a una società in cui oggi convivono più a lungo diverse generazioni. Per comprendere le esigenze di una popolazione che invecchia ma che, al contempo, chiede nuove opportunità, l’ISTAT afferma che è indispensabile adottare il punto di vista generazionale.

L’allungamento della vita, gli stili di vita più salutari – sana alimentazione, pratica di attività fisica, evitare di fumare o di eccedere nel consumo di bevande alcoliche – e il maggiore livello di istruzione hanno ampliato gli orizzonti delle generazioni, ma anche introdotto nuove sfide e disuguaglianze: vivere a lungo non è uguale ovunque, né per tutti. Se da un lato aumentano gli anni vissuti in autonomia, dall’altro persistono forti divari territoriali e socioeconomici, che si riflettono sul potenziale supporto sociale e sulla capacità della società di far fronte alle sfide poste dall’invecchiamento.

Alcuni dati

La popolazione diminuisce e invecchia

  • Prosegue il processo di decremento della popolazione, in atto dal 2014 e ormai strutturale. Il numero di decessi (651mila nel 2024) è superiore a quello delle nascite (370mila), generando un saldo naturale pari a -281mila unità.
  • Le Aree Interne, dove vive il 22,7 per cento della popolazione, sono caratterizzate da un più accentuato decremento demografico (-4,6 per cento) ed invecchiamento della popolazione.
  • La diminuzione della mortalità nel 2024 (-3,1 per cento sul 2023) ha contribuito all’aumento della speranza di vita alla nascita. Per gli uomini raggiunge gli 81,4 anni e per le donne 85,5, quasi cinque mesi di vita in più rispetto al 2023.
  • La dinamica migratoria compensa in parte il deficit dovuto al saldo naturale negativo.
  • Circa un quarto della popolazione (24,7 per cento al 1° gennaio 2025) ha almeno 65 anni. Tra questi, cresce in particolare il numero di persone di 80 anni e più (4 milioni e 591mila).
  • Le previsioni demografiche indicano che l’Italia continuerà ad affrontare un calo delle nascite e un aumento della mortalità, con un saldo naturale sempre più negativo.
  • Le famiglie sono sempre più piccole e frammentate. Nel biennio 2023-2024 le persone sole costituiscono il 36,2 per cento delle famiglie, con un aumento che interessa soprattutto gli anziani. Quasi il 40 per cento delle persone di almeno 75 anni vive da solo, in prevalenza donne.

Persistono le condizioni di povertà della popolazione

  • Nel 2023, nell’UE27 oltre 94 milioni di persone (21,3 per cento del totale) sono a rischio di povertà o esclusione sociale;
  • In Italia, nel 2024, le persone a rischio povertà o esclusione sociale erano oltre un quinto della popolazione residente.
  • Le famiglie in povertà assoluta sono 2,2 milioni (8,4 per cento del totale), vale a dire 5,7 milioni di persone, pari al 9,7 per cento della popolazione residente. Rispetto al 2014, l’incidenza è aumentata di 2,2 punti percentuali a livello familiare e di 2,8 punti a livello individuale.
  • L’incidenza della povertà assoluta è pari al 6,2 per cento tra gli individui di 65 anni e più, anche se le famiglie giovani con figli sono tra le più vulnerabili.
  • Il Mezzogiorno resta l’area più esposta al rischio di esclusione sociale.
  • La spesa alimentare rappresenta circa un quinto del totale per le famiglie anziane, mentre è al 16,8 per cento per quelle giovani. Le famiglie anziane destinano circa la metà della spesa ai bisogni primari, mentre quelle giovani vi destinano meno del 40 per cento.
  • Allo stesso modo, la spesa per la salute è più contenuta tra i giovani rispetto agli anziani (2,7 per cento contro 6,0 per cento).

Si vive di più ma si riducono gli anni in buona salute

  • Sebbene aumenti la speranza di vita alla nascita, la quota di anni vissuti in buona salute si riduce, soprattutto per le donne. Nel 2024, gli uomini possono aspettarsi di vivere in buona salute 59,8 anni in media, in linea con il 2019. Per le donne, invece, il valore scende a 56,6 anni, il minimo dell’ultimo decennio.
  • Tuttavia, rispetto al dopoguerra, sono migliorate le condizioni di salute nelle età più mature. All’età di 55-59 anni, il 57,5 per cento dei nati tra il 1950 e il 1954 era in buona salute; questa quota è cresciuta nelle successive generazioni fino a raggiungere il 61,8 per cento per i nati nel 1965-1969. All’età 60-64 anni, i nati nell’immediato dopoguerra (1945-1949) avevano buona salute nel 49,4 per cento dei casi, una quota che sale però al 55,7 per cento per i nati nel 1960-1964, i quali hanno potuto godere di avanzamenti delle condizioni socio-economiche e di una migliore qualità della vita già a partire dall’infanzia.
  • Con un tasso di mortalità evitabile pari a 17,7 decessi per 10mila abitanti, l’Italia è tra i paesi con le performance migliori, sia per la mortalità prevenibile legata principalmente alla prevenzione primaria e alla promozione di stili di vita salutari, sia per la mortalità trattabile, associata alla capacità del sistema sanitario di diagnosticare e curare tempestivamente. Tuttavia, si registra un rallentamento nella capacità del sistema sanitario di garantire diagnosi e cure tempestive.
  • Le condizioni di disabilità interessano 2,9 milioni di persone in Italia nel 2023 (5,0 per cento della popolazione), di cui 1 milione 690mila donne. La quota più elevata di persone con disabilità si riscontra nelle classi di età più anziane: 6,9 per cento nella classe 65-74 anni e 19,2 per cento tra gli anziani di 75 anni e più.

Gli anziani di oggi: sono istruiti e vogliono partecipare

In una società che invecchia, la soglia dei 65 anni per definire gli anziani appare sempre più anacronistica perché, grazie al miglioramento delle condizioni di vita, le persone che oggi hanno 65 anni possono contare ancora su numerosi anni in condizioni di relativa buona salute, attività e partecipazione sociale.

  • Le nuove generazioni di anziani presentano livelli di istruzione più elevati rispetto al passato, con effetti positivi sulla salute, sull’autonomia e sulla partecipazione sociale. Il 34,0 per cento delle persone di 65 anni ha almeno un diploma (il 25,9 per cento nelle Aree Interne).
  • Le competenze digitali restano insufficienti per raggiungere gli obiettivi europei. Nel 2023 solo il 45,8 per cento degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali almeno di base, contro una media UE27 del 55,5 per cento e obiettivi europei che puntano all’80 per cento entro il 2030. C’è un grande divario tra giovani e adulti, anche se le differenze legate all’età si attenuano tra i più istruiti.
  • La partecipazione sociale assume intensità e modalità di impegno diverse nel corso di vita degli individui. I nati negli anni Quaranta e Cinquanta mostrano una partecipazione sociale superiore a tutte le altre generazioni. Si tratta di generazioni che hanno vissuto la transizione alla vita adulta alla fine degli anni Sessanta e Settanta, epoca di grandi trasformazioni sociali e culturali, il che ha profondamente caratterizzato l’attivismo sociale di queste coorti anche nelle fasi successive della vita.

Anziani soddisfatti e con forti legami territoriali

Più della metà degli anziani si dichiara molto soddisfatto della propria vita, sebbene la soddisfazione diminuisca con l’avanzare dell’età. Il contesto in cui si vive fa la differenza: nei grandi comuni la quota degli anziani molto soddisfatti scende sotto al 48,1 per cento, rispetto al 51,6 per cento della media nazionale.

  • Gran parte delle persone di 65 anni e più vive nelle città e, a queste età, contare su legami familiari, amicali e di vicinato rappresenta una risorsa essenziale per il benessere.
  • Nel 2023, in Italia, il 94,2 per cento degli anziani dichiara di avere almeno un parente, amico o vicino su cui fare affidamento.
  • Quasi nove anziani su 10 affermano di poter contare su parenti non conviventi, specie tra le donne, mentre circa il 68 e il 64 per cento riferisce di avere, rispettivamente, vicini di casa e amici su cui contare.
  • Nel complesso, nonostante le profonde differenze territoriali, la rete relazionale degli anziani ha una buona tenuta ovunque, ma è più a rischio di fragilità nelle aree urbane.

Il tallone di Achille: i servizi sociali e sanitari

Nel 2022 la spesa impegnata dai Comuni per la gestione degli interventi e servizi sociali ammontava a 10,9 miliardi di euro. Rispetto al 2012 la spesa è aumentata del 27 per cento, ma le risorse destinate al welfare territoriale per gli anziani sono sempre di meno. A fronte di un numero crescente di 65enni e più, la spesa media per anziano è scesa da 107 a 93 euro annui. Il divario territoriale è ampio e l’accesso ai servizi di cura per gli anziani dipende ancora molto dal luogo in cui si vive: al Nord-est si registra la spesa più alta (174 euro per anziano), mentre al Sud si scende a soli 40 euro.

  • Per la gestione delle strutture residenziali comunali e l’integrazione delle rette pagate dalle famiglie per le strutture private, i Comuni hanno speso 525 milioni di euro nel 2022.
  • Al 1° gennaio 2023 si contano oltre 12.300 strutture residenziali per anziani, con circa 408mila posti letto, pari a 7 ogni 1.000 residenti. Sono poco meno di 274mila gli anziani ospiti delle strutture residenziali e per l’80% sono non autosufficienti. Quasi tre ospiti su quattro sono donne.
  • Nel 2024 circa una persona su 10 (9,9 per cento) ha rinunciato a visite o esami specialistici, principalmente a causa delle lunghe liste di attesa (6,8 per cento) e per le difficoltà nel pagare le prestazioni sanitarie (5,3 per cento).
  • La rinuncia alle prestazioni sanitarie è in crescita sia rispetto al 2023 (7,5 per cento), sia rispetto al periodo pre-pandemico (6,3 per cento nel 2019).
  • Anap
  • Anap Confartigianato, Invecchiamento, Istat
portale anap confartigianato persone

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