Le condizioni economiche delle famiglie non migliorano, nonostante deboli segnali positivi nel 2013

10 Luglio, 2014
Le condizioni economiche delle famiglie non migliorano, nonostante deboli segnali positivi nel 2013

E’ quanto rilevato dall’Istat e dal Cnel e riportato nel Rapporto Bes (benessere equo e sostenibile). Gli italiani, secondo il rapporto, continuano a possedere una ricchezza reale netta tra le più alte in Europa, larga­mente dovuta all’elevata diffusione della proprietà dell’abitazione di residenza. L’intensità e la persistenza della crisi economica, tuttavia, da un lato hanno ridotto il valore di questa ricchezza, e dall’altro hanno ampliato la disuguaglianza economica e l’area della povertà e della deprivazione materiale.

La ricchezza netta complessiva nel 2012, infatti, è scesa, rispetto all’anno precedente, dello 0,6% a prezzi correnti e del 2,9% in termini reali. Tale diminuzione è largamente dovuta al calo nel valore degli immobili. Inoltre, nel quinquennio della crisi il reddito per abitante, in valori correnti, è diminuito nel Centro-Nord (-4% nel Nord e -2,9% nel Centro) ed è rimasto pressoché identico nel Mezzogiorno (+0,1%), dove, tuttavia, è pari al 65% di quello delle re­gioni settentrionali.

Con il perdurare della crisi l’efficacia dei sistemi di protezione disponibili – ammortizzatori sociali e solidarietà familiare – si è progressivamente indebolita. Nel 2011, gli indicatori avevano già segnalato un aumento della grave deprivazione materiale e un incremento del rischio di povertà nel Centro-Sud, accompagnati da una più accentuata disuguaglianza del reddito e della ricchezza. Nel 2012, le difficoltà economiche delle famiglie si sono accentua­te: dalla diminuzione del reddito reale disponibile e della ricchezza reale netta complessiva è derivato un calo della spesa per consumi e un aumento degli indicatori di povertà, soprat­tutto assoluta, e di deprivazione.

L’indicatore di povertà assoluta, basato sulla spesa per consumi nel 2012 mostra un au­mento di ben 2,3 punti percentuali: la quota di persone che vivono in famiglie assolutamente povere passa dal 5,7% all’8% e aumenta in tutte e tre le ripartizioni territoriali (dal 4% al 6,4% nel Nord, dal 4,1% al 5,7% nel Centro, dall’8,8% all’11,3% nel Mezzogiorno). L’aumento, alquanto generalizzato, coinvolge in particolare le famiglie più ampie, quelle composte da coppie con tre o più figli, soprattutto se minori, e aumenti significativi vengono registrati tra le famiglie di monogenitori o con componenti aggregati.

L’indicatore di grave deprivazione, che nel 2011 era aumentato all’11,1% (+4,2 punti percen­tuali rispetto al 2010), nel 2012 ha raggiunto il 14,5% (+3,4 punti percentuali rispetto al 2011), nel 2013 registra un miglioramento, scendendo al 12,5%, a seguito della diminuzione della quota di persone in famiglie che dichiarano di non poter sostenere spese impreviste, di non potersi permettere un pasto proteico adeguato ogni due giorni o di riscaldare adeguatamen­te l’abitazione.

Nel 2013 emergono segnali positivi, seppure ancora deboli. È aumentata la propensione al risparmio (12,8%) e sembra leggermente diminuito (intorno al 5%) il ricorso all’indebita­mento; le famiglie hanno cioè contratto i propri consumi, per poter, in alcuni casi, risparmia­re o, in altri casi, indebitarsi di meno.