Medicina » Bezafibrato come speranza per demenza frontotemporale
Demenza frontotemporale: una nuova prospettiva con il Bezafibrato

La scoperta: test in laboratorio sui modelli 3D
Ricercatori dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), in collaborazione con la Sapienza Università di Roma e l’Università di Losanna, hanno testato il bezafibrato, un farmaco già usato per abbassare il colesterolo, su organoidi cerebrali derivati da cellule di pazienti con mutazione MAPT (IVS10+16).
Cosa hanno riscontrato gli scienziati
Recupero di connettività e funzionalità neurale: gli organoidi hanno mostrato aumento di connessioni tra neuroni e ripristino dell’attività di rete.
Riduzione dell’accumulo patologico della proteina tau: la quantità di tau patologica è diminuita sensibilmente.
Miglioramento dei parametri mitocondriali: si è osservata una normalizzazione della funzione mitocondriale, con aumento del numero e lunghezza dei mitocondri lungo i neuriti.
Bilanciamento delle isoforme tau: il trattamento ha normalizzato l’equilibrio tra isoforma 4R e 3R e ridotto la tau iperfosforilata (marker AT8).
Limiti e prospettive future
Gli studi finora sono preclinici e limitati a organoidi 3D, senza evidenza di efficacia o sicurezza nei pazienti. Gli organoidi non riproducono l’invecchiamento cerebrale né la neuro‑infiammazione; manca la microglia e la complessità delle reti cerebrali umane.
Per questo, i ricercatori pianificano di migliorare i modelli includendo cellule immunitarie e creando organoidi più “anziani”, oltre a utilizzare tecniche elettrofisiologiche avanzate per studiare meglio la comunicazione sinaptica. L’obiettivo è identificare nuovi bersagli terapeutici e sviluppare trattamenti disease‑modifying per la FTD e altre taupatie.
Cosa significa per le famiglie
Questa scoperta rappresenta una speranza concreta, ma ancora in fase iniziale. Ti sei mai chiesto come potrebbe cambiare la vita di una persona affetta da demenza frontotemporale se questi trattamenti si rivelassero efficaci? Il bezafibrato è un candidato promettente, ma non è attualmente indicato per l’uso clinico nella demenza frontotemporale al di fuori di trial controllati.
I futuri studi clinici dovranno verificarne efficacia e sicurezza. Ma quali speranze riponiamo in questi studi per il futuro delle persone affette da demenza frontotemporale?
Condizioni associate alla demenza frontotemporale
La demenza frontotemporale è spesso associata a diverse condizioni neurodegenerative e psichiatriche. Tra queste, la malattia di Alzheimer e la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) sono le più comuni. Inoltre, la demenza frontotemporale può manifestarsi in pazienti con mutazioni genetiche specifiche, come quelle nel gene MAPT, che sono state collegate a un aumento del rischio di sviluppare questa forma di demenza. È importante notare che la demenza frontotemporale può anche coesistere con disturbi psichiatrici, come la depressione e l’ansia, complicando ulteriormente la diagnosi e il trattamento.
Il contesto: una malattia ad oggi incurabile
La demenza frontotemporale (FTD) è una forma neurodegenerativa grave che colpisce in età relativamente precoce, alterando linguaggio, comportamento e funzioni cognitive. Ma quanto conosciamo davvero su questa malattia e sul suo impatto sulle vite delle persone colpite?
Caratteristica di alcune forme ereditarie è la mutazione della proteina tau, il cui accumulo anomalo danneggia progressivamente i neuroni.
Che cos’è la demenza frontotemporale e quali stadi la caratterizzano
La demenza frontotemporale (DFT) è un gruppo di disturbi cerebrali causati dalla degenerazione dei lobi frontali e temporali del cervello. Questa condizione porta a cambiamenti significativi nel comportamento, nella personalità e nelle capacità linguistiche. La DFT è caratterizzata da sintomi che possono variare notevolmente da persona a persona, ma generalmente si possono identificare tre stadi principali. Nel primo stadio, i pazienti possono mostrare cambiamenti di personalità e comportamentali, come apatia o impulsività. Nel secondo stadio, le difficoltà nel linguaggio diventano più evidenti, con problemi di espressione e comprensione. Infine, nel terzo stadio, i pazienti possono sperimentare una perdita significativa delle funzioni cognitive e motorie, rendendo necessaria l’assistenza continua.
Dove posso trovare supporto e risorse per caregiver?
I caregiver possono trovare supporto attraverso associazioni locali e nazionali dedicate alla demenza, come l’Associazione Italiana di Neurologia o gruppi di sostegno online. È utile partecipare a incontri di formazione per caregiver, dove si possono apprendere tecniche di gestione e condividere esperienze con altri. Inoltre, molte comunità offrono servizi di assistenza temporanea per permettere ai caregiver di prendersi una pausa.
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