E’ quanto emerge dalla sentenza della Terza Sezione Penale della Cassazione del 19 gennaio 2016, n. 1923. Il fatto vedeva una coppia essere amanti per oltre 40 anni, laddove l’uomo era solito fare alla donna costosissimi regali e a corrisponderle ingenti somme di danaro per consentirle un elevato tenore di vita. Con il passare degli anni, a causa del decadimento psicofisico dell’uomo, costui aveva incominciato a prelevare somme ancora più ingenti di denaro e a corrisponderle alla donna rispetto alla quale era diventato completamente succube.
Come rilevato dai giudici di merito, l’uomo non era più libero di determinarsi nelle sue donazioni a favore dell’amante e veniva indotto dalla donna a proseguire in tali corresponsioni di denaro con una costante attività di suggestione e pressione morale, volta a determinare la sua minorata volontà.
Secondo costante insegnamento giurisprudenziale, l’induzione può essere dedotta in via presuntiva potendo consistere anche in un qualsiasi comportamento o attività da parte dell’agente alla quale la vittima, per le sue minorate condizioni, non sia capace di opporsi e la porti, quindi, a compiere, su indicazione dell’agente, atti che, privi di alcuna causale, in condizioni normali non avrebbe compiuto e che siano a sé pregiudizievoli, atteso che l’attività di induzione dev’essere diversamente valutata e graduata a seconda dello stato psichico in cui versi la vittima (Cass. pen., Sez. II, 18583/2009 e Cass, pen., Sez. II, 4816/2010).
Appare del tutto irrilevante il fatto che l’uomo già provvedesse a fare costosi regali alla donna quando ancora non si era presentato il decadimento psicofisico; stante la condizione patologica della vittima, infatti, diviene impossibile stabilire se tale soggetto, qualora in condizioni normali, avrebbe continuato a tenere quel determinato comportamento.
(fonte altalex)
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