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Nei giorni scorsi si è tenuto a Milano il Longevity Economy Forum 2023 promosso da “Il Sole 24 Ore” in collaborazione con KPMG e con il patrocinio di Silver Economy Network e 24Ore System. Nel corso del Convegno sono stati presentati i risultati di una interessante ricerca KPMG-IPSOS sul tema della longevità e sullo sviluppo di prodotti e servizi specifici per una popolazione che invecchia.

Lo studio e gli interventi hanno messo in risalto come una popolazione invecchiata, ma in buona salute, possa offrire importanti opportunità alle aziende, specialmente se si procede ad un ripensamento sul ciclo scuola-lavoro-pensione e si riesce a sfruttare le competenze degli over 60 senza creare uno scontro culturale e lavorativo con le fasce più giovani.

Come è stato anche affermato in alcuni interventiil progressivo invecchiamento della popolazione può essere visto come un bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Da una parte c’è l’aspetto dei maggiori oneri per la collettività che produce l’invecchiamento, con i riflessi sui conti dello Stato, sul debito pubblico, sul welfare, dall’altra c’è l’aspetto positivo per il prolungamento della vita e ci sono nuove strade che si possono aprire per lo sviluppo di un’economia ugualmente sana e competitiva, specialmente in un Paese come il nostro dove agiscono insieme il calo delle nascite e l’aumento della durata media della vita.

Con un’aspettativa di vita media che supera di molto gli 80 anni, infatti, l’Italia è uno dei Paesi più longevi al mondo. A questo va aggiunto che il conseguente allungamento della fase attiva e produttiva nell’esistenza delle persone va a incidere sia sulla società che sull’economia e sul mercato nel quadro della cosiddetta Longevity Economy.

La ricerca KPMG-IPSOS, “La longevità come driver per la creazione di valore socio-economico”, che è stata effettuata su un campione di più di 800 persone tra i 60 e i 75 anni e oltre 400 tra i 18 e i 39, dà risalto innanzitutto al fatto che gli over 65 non si sentono anziani: stanno mediamente bene, hanno voglia ed energia da spendere e da mettere a disposizione del Paese.

Ne è emerso, infatti, che il 73% degli italiani tra i 60 e i 75 anni è soddisfatto dell’esperienza lavorativa attuale o passata in termini di realizzazione, gratificazione e senso di sicurezza. Le preoccupazioni sul futuro, invece, sono per il 70% legate alla sfera economica – e i dubbi riguardano il mantenimento della qualità di vita e se la pensione sarà adeguata al corrente stile di vita -, mentre nel 12% dei casi è legata alla qualità e quantità delle relazioni. Inoltre, più di un italiano su 3 tra i 60 e i 75 anni vuole continuare ad essere attivo dando un contributo al Paese. Questo dato è composto da un 18% degli intervistati che sostiene di voler continuare a lavorare, un 11% che vorrebbe trasformare passioni e hobby in attività lavorativa e un restante 5% che si dedicherebbe al volontariato.

Ai giovani tra i 18 e i 39 anni, invece, è stato chiesto un’opinione sui senior e il 79% riconosce la grande utilità delle loro competenze specialmente in ambiti come il trasferimento dei saperi, la gestione dello stress o di situazioni complesse e conflittuali. Uno su 3, invece, ha ancora percezione che il pensionamento favorisca l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

Sulla base di questi dati è stato possibile individuare due importanti opportunità complementari in merito alla longevità. La prima legata alla longevity economy e a come soddisfare i bisogni di questa parte di popolazione in ambiti come previdenza, finanza, assistenza e cura, assicurazione, nutrizione, benessere, mondo dell’educazione (formazione permanente), mobilità e abitazioni. La seconda, invece, volta a creare un circolo virtuoso che impieghi l’energia dei senior che vogliono mettersi a disposizione e rendendoli sempre più attivi portando a un beneficio a livello di PIL e welfare.

Esiste, come viene affermato, una longevità sana così come una longevità malata. Quando parliamo di aspettativa di vita dovremmo infatti ragionare non solo su “quando”, ma soprattutto su “come” arriveremo alla terza età e questo aspetto ci riguarda fin da quando siamo ancora giovani. Detto in altre parole, la longevità è un fatto meraviglioso e può essere una splendida opportunità per il nostro sistema Paese, ma va affrontata con adeguati strumenti e con la revisione degli schemi attuali della società, altrimenti può comportare conseguenze che non possono essere trascurate.

Secondo gli analisti, nelle sfide che sono legate all’invecchiamento della popolazione va introdotto il concetto di “longevità e sostenibilità”. Cambiano, infatti, le basi su cui poggia l’economia come l’abbiamo sempre conosciuta per effetto del fenomeno della denatalità. Questo assume differenti velocità nelle varie parti del mondo. Ci sono aree in cui l’età media è inferiore ai trent’anni, com’era nell’Italia degli anni cinquanta, aree in cui all’aumento della vita media corrisponde una base di popolazione in attività ancora solida (USA, UK, Nord Europa) e un terzo gruppo di Paesi, tra i quali l’Italia, il Giappone e altri del Sud Europa, dove alla longevità si affianca una forte riduzione della popolazione in età attiva.

Ecco, quindi, che Paesi come l’Italia sono chiamati ad una triplice sfida:

  • invertire la tendenza della denatalità attraverso politiche sociali di sostegno alle famiglie in modo che si possa tornare ad un incremento dei nuovi nati (oggi, a fronte di due figli desiderati ne vengono realizzati 1,2);
  • diminuire la percentuale dei neet, ossia i giovani che non studiano e non lavorano;
  • ridurre il divario tra popolazione attiva maschile e femminile.

Solo intervenendo fin da subito su questi squilibri sarà possibile evitare uno scenario catastrofico perché la longevità non interessa solo gli over 65, ma, come detto, coinvolge fin da subito tutte le generazioni.

Il messaggio che arriva dal Forum è, in definitiva, quello che ci vede tutti coinvolti nell’unire i nostri sforzi e fare in modo che la longevità sia un’opportunità per tutti e l’Italia possa diventare un polo d’innovazione su queste tematiche.

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