L’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha pubblicato il 28 giugno scorso un “Focus” con le proiezioni di medio-lungo periodo della spesa pensionistica. Le proiezioni costituiscono un elemento determinante dell’analisi di sostenibilità di medio-lungo periodo delle finanze pubbliche, con riferimento in particolare alla dinamica del rapporto debito/PIL.
Questo Focus confronta tre esercizi di proiezione, effettuati da tre soggetti diversi (RGS-Ragioneria Generale dello Stato, AWG-Gruppo di lavoro Europeo sull’invecchiamento, FMI-Fondo Monetario Internazionale) dell’incidenza della spesa pensionistica in Italia, diffusi nella seconda parte del 2017 e nei primi mesi del 2018. Si tratta di previsioni che mostrano differenze anche significative nella dinamica delle pensioni sul PIL, alla base delle quali stanno ipotesi demografiche ed economiche in alcuni casi marcatamente diverse.
Le proiezioni RGS, AWG e FMI: Il primo esercizio di previsione considerato (esercizio nazionale) è quello sviluppato dalla Ragioneria generale dello Stato (RGS) in occasione degli aggiornamenti annuali delle proiezioni di medio-lungo termine della spesa pubblica connessa con il processo di invecchiamento della popolazione (pensioni, prestazioni sanitarie, assistenza di lungo termine, istruzione e indennità di disoccupazione).
Il secondo è l’esercizio europeo sviluppato da AWG, che, sulla base dello stesso strumento analitico impiegato dalla RGS, utilizza le ipotesi concordate all’interno del Gruppo di Lavoro sull’Invecchiamento della popolazione e la sostenibilità del Comitato di politica economica. Tale esercizio è valido ai fini dell’analisi di sostenibilità dei conti pubblici della Commissione europea nell’ambito della sorveglianza multilaterale e per la determinazione, da parte di ciascun paese, del valore minimo dell’obiettivo di medio termine in grado di assicurare la convergenza del debito verso livelli prudenti tenendo in considerazione gli effetti economici e di bilancio connessi con l’invecchiamento della popolazione.
La terza proiezione è quella che il Fondo monetario internazionale (FMI) ha recentemente pubblicato nell’ambito di un più ampio lavoro di analisi delle finanze pubbliche italiane (esercizio internazionale). Quest’ultima proiezione non deriva tuttavia dall’utilizzo di un modello pensionistico ad hoc ma piuttosto dall’applicazione di un ulteriore gruppo di ipotesi sui risultati della RGS.
L’Incidenza sul PIL della spesa pensionistica: Tutti e tre gli esercizi di proiezione presentano un andamento dell’incidenza della spesa per pensioni su PIL che, nel medio e lungo periodo, ha caratteristiche di fondo comuni: il rapporto evidenzia dapprima una fase di crescita, che culmina intorno al 2040, e poi una fase di declino (Fig.1). Differenti, e anche in misura marcata, sono però i livelli raggiunti in corrispondenza del picco e i valori di uscita nel lunghissimo periodo. Secondo RGS l’incidenza della spesa sul PIL dopo una lieve riduzione raggiungerebbe un picco del 16,2 per cento nel 2040, per poi diminuire progressivamente sino al 13,1 per cento nel 2070.
L’esercizio europeo AWG nei primi anni dà risultati non molto dissimili da quello nazionale: successivamente però la spesa pensionistica presenta una dinamica più marcata che la conduce a un picco del 18,4 per cento del PIL nel 2040, dopo di che si riduce con continuità sino al 13,8 per cento nel 2070. Infine, l’esercizio FMI si contraddistingue per proiezioni della spesa pensionistica sul PIL sempre superiori lungo tutto l’orizzonte in esame. Queste raggiungono il 20,5 per cento nel 2040, per poi scendere al di sotto del 16 per cento nel 2070.
Perché i risultati sono differenti: Le proiezioni utilizzano gli stessi strumenti analitici e lo stesso quadro normativo relativo al sistema pensionistico. Divergono invece, talvolta anche in misura marcata, le ipotesi demografiche e le ipotesi economiche.
Per quanto riguarda le ipotesi demografiche, in tutti e tre gli esercizi si osserva un rapido processo di invecchiamento della popolazione italiana (l’indice di dipendenza degli anziani passerebbe dall’attuale 33,7 per cento a oltre il 60 per cento nel 2070), mitigato solo in parte dai movimenti migratori. È proprio nella stima di tale variabile che si riscontrano le differenze demografiche più rilevanti tra le tre proiezioni. Le proiezioni AWG, ad esempio, prevedono sino al 2065 un flusso migratorio medio annuo pari a circa 170 mila unità, mentre per quelle del FMI tale valore scende a circa 85 mila unità.
Le ipotesi economiche differiscono principalmente per quanto riguarda il tasso di occupazione e la dinamica della produttività. In questo campo le ipotesi più ottimistiche sono quelle nell’esercizio nazionale che vede il tasso di occupazione superare il 66 per cento a partire dal 2040 e il tasso di crescita della produttività permanere sopra l’1,5 per cento successivamente al 2025. Le più pessimistiche sono quelle del FMI secondo il quale il tasso di occupazione rimane stabilmente al di sotto del 60 per cento e la crescita della produttività si stabilizza nel lungo periodo all’1,3 per cento.
Conclusioni: Le simulazioni effettuate dai tre Istituti differiscono, pertanto, non nelle considerazioni di ordine normativo in base alle quali si costruisce l’esercizio e dai riflessi delle riforme pensionistiche passate, ma dalla valutazione sull’andamento macroeconomico del nostro Paese nel breve e nel lungo periodo, anche in riferimento alla persistenza o meno della crisi economica.
L’altro elemento che viene valutato in modo diverso è l’andamento demografico, soprattutto in relazione ai flussi migratori che si produrranno nel futuro. E’ chiaro che se gli italiani continueranno a non fare figli e se la diminuzione di popolazione non fosse compensata da adeguati flussi migratori, si produrrebbe un deficit di popolazione attiva che finanzia l’INPS, che metterebbe in crisi l’equilibrio del sistema previdenziale.
Tutti e tre gli esercizi, però, sono concordi nel ritenere che la spesa pensionistica, a legislazione vigente, è destinata ad aumentare del breve periodo, seppur in modo più o meno accentuato, per poi ridiscendere nel lungo periodo, quando il picco della popolazione anziana si sarà attenuato.
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