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Una recente pubblicazione del Corriere della Sera riporta il “Dataroom” di Milena Gabanelli sul tema degli anziani, della loro salute, del loro attivismo, dell’invecchiamento della popolazione. In esso vengono riportatii anche alcuni dati di sicuro interesse.

Innanzitutto, viene citata una ricerca pubblicata sulla rivista “CDC Preventing Chronic Disease“, molto esaustiva in quanto è stata svolta su un campione di 83 mila persone. Da tale ricerca emerge che gli over 65 che lavorano hanno tre volte più probabilità di stare meglio fisicamente rispetto a chi è inattivo e il 50% di probabilità in meno di contrarre patologie serie, come cancro o malattie cardiache. E ciò perché, come dimostrano anche altri studi scientifici, ritardare il pensionamento rallenta il declino cognitivo e consente di sfuggire all’isolamento sociale e alla solitudine, che costituiscono fattori molto negativi nella salute degli individui.

Dunque, escludendo i lavori usuranti, quando si entra nella fascia di età anziana, sarebbe preferibile non abbandonare definitivamente il proprio mestiere, ovviamente quando questo è possibile, tenendo presente che ci si può dedicare anche ad altre attività che tengano vivo ugualmente l’intelletto, le propensioni e persino la manualità delle persone.

Alcuni dati sul mondo degli anziani

La Ricerca riporta alcuni dati sul modo degli anziani ripresi da varie fonti, che riteniamo opportuno pubblicare.

  • Siamo tra i popoli più longevi al mondo

Nel 2023 l’aspettativa media di vita in Italia è di 84,2 anni (86,1 per le donne e 82,1 per gli uomini). Tra i grandi Paesi solo il Giappone fa meglio, ma come vedremo più avanti le differenze sono sostanziali. L’Italia è infatti il Paese più anziano d’Europa (età media 48 anni contro i 44,4 della Ue). Gli over 65 hanno superato i 14 milioni (il 24% dell’intera popolazione) e, secondo le proiezioni ISTAT, nel 2050 diventeranno 20 milioni (34,9%).  
Dai dati Ocse mediamente gli italiani trascorrono 24 anni in pensione, e da un’analisi di Bloomberg tra i 16 e i 18 anni sono trascorsi in buona salute.

  • Ma i nostri over 65 non sono tra i più attivi nel mondo

Negli ultimi dieci anni gli over 65 attivi in Italia sono quasi raddoppiati, passando da 372 mila a 705 mila (il numero include chi incassa già la pensione e chi no), ma rappresentano solo il 5,1%, mentre la media Ocse è del 15%. In cima alla lista ci sono sia i Paesi più longevi e anziani come Giappone e Corea del Sud che impiegano rispettivamente il 25,1% e il 34,9% degli over 65, sia Paesi relativamente giovani come Stati Uniti e Australia con il 18,9% e il 14,7%. Percentuali alte anche nel Nord Europa: Svezia (19,2%), Norvegia (15,2%), Finlandia (12,1%). I numeri precipitano invece in Francia (3,4%), Spagna (3,1%) e Grecia (4,4%).

  • Molti ex lavoratori autonomi scelgono di lavorare ancora dopo il pensionamento

La riforma Fornero del 2011 prevede che l’età standard per andare in pensione sia 67 anni, ma grazie alle varie norme sull’uscita anticipata l’età effettiva resta tra i 62 e i 63 anni (dati OCSE e Itinerari Previdenziali). A differenza dei lavoratori autonomi, i dipendenti devono obbligatoriamente chiudere il rapporto di lavoro per ottenere la pensione.

In Italia sono 444 mila i pensionati italiani che continuano a svolgere un’attività. Di questi, gli over 65 sono 383.600, e quasi la metà raggiunge i 70 anni. Coloro che scelgono “l’invecchiamento attivo” sono di solito uomini (78,4%), vivono al Nord (65%) e svolgono un lavoro indipendente (86,3%). Molto bassa invece è la quota dei lavoratori dipendenti (13,7%).

  • E in altri Paesi cosa avviene?

Il Giappone è il Paese con il maggior numero di over 65 al mondo: circa il 30% della popolazione. L’età per andare in pensione è 65 anni, ma già dal 2019 il governo ha invitato le grandi aziende a trattenere in organico anche gli impiegati settantenni. Secondo una ricerca del 2022, su 230 mila aziende con più di 21 dipendenti, almeno il 25,6% ha seguito la raccomandazione. In generale lo Stato offre agli over 65 che posticipano l’uscita dal mercato del lavoro ogni mese un aumento dello 0,7% sulla futura pensione. Significa che chi ritarda l’addio al lavoro di 5 anni vedrà l’assegno aumentare del 42%. Dopo i 70 anni, il pensionato lavoratore non verserà più i contributi.

Negli Stati Uniti l’età per la pensione è 66 anni, ma chi vuole restare beneficia di un incremento annuo sulla pensione dell’8%. Inoltre la legge federale «Age Discrimination in Employment Act» protegge i lavoratori dalle discriminazioni legate all’età.

La Svezia è uno dei Paesi europei che già dagli anni ’90 ha iniziato a contrastare il pensionamento anticipato (nel 2023 si può richiedere dai 63 anni, nel 2026 dai 64). Non esiste una norma che fissa l’età per la pensione, ma la maggior parte delle persone sceglie di ritirarsi a 65 anni. Tuttavia la Svezia è anche il Paese Ue con il tasso più alto di 70enni (10,8%) e 75enni (6,9%) che lavorano.

  • Gli anziani tolgono lavoro ai giovani?

Contrariamente a quanto si è sempre detto, le statistiche dicono che non è sempre vero che gli anziani attivi tolgono lavoro ai giovani. In alcuni paesi risulta, infatti, che dove è maggiore l’occupazione degli over 65, minore è la disoccupazione giovanile. Ad esempio in Giappone e Corea viaggia intorno al 4-8%, negli Usa si ferma al 7,5%, mentre dove l’occupazione anziana è marginale la percentuale dei giovani senza lavoro è a doppia cifra: 17% in Francia, 22% in Italia, 29% in Grecia e Spagna. Poi ci sono le eccezioni: in Svezia, dove gli anziani sono incentivati da più tempo, la disoccupazione giovanile supera il 20%; oppure in Germania, dove gli over 65 occupati sono poco più del 7%, i giovani disoccupati sono solo il 5,7%.

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Over 65 lavoro o altre attività allontanano il decadimento
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