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Affinché le agevolazioni sull’acquisto dell’immobile prima casa trovino applicazione, il compratore è tenuto a dichiarare: di non essere titolare di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune dove si trova l’immobile oggetto dell’acquisto agevolato; di non essere titolare, su tutto il territorio nazionale, di diritti di proprietà, uso, usufrutto, abitazione o nuda proprietà, su altra casa di abitazione, acquistata, anche dal coniuge, usufruendo delle agevolazioni per l’acquisto della prima casa; di impegnarsi a stabilire la residenza nel comune dove è situato l’immobile acquistato, entro diciotto mesi, qualora già non vi risieda.

Quest’ultimo aspetto è stato oggetto di analisi da parte della Cassazione, la quale si è espressa con la sentenza n. 16082 del 14 luglio 2014. Gli Ermellini hanno deciso circa il caso di separazione consensuale tra coniugi e conseguente omesso trasferimento della residenza nel Comune dell’immobile acquistato perché, in virtù di un accordo preso durante la separazione, il contribuente ha ceduto alla ex moglie la propria quota dell’immobile. In primo grado, Commissione Tributaria Provinciale, aveva confermato la legittimità dell’avviso con cui l’Agenzia delle Entrate esigeva il recupero delle imposte, salvo poi essere smentita dalla successiva sentenza d’appello emanata dalla Commissione Tributaria Regionale che, al contrario, ha ritenuto la separazione consensuale impedimento di forza maggiore e decidendo a favore del contribuente.

Ebbene, i Giudici della Cassazione, con l’ordinanza in commento, si sono espressi a favore del Fisco stabilendo che la cessione di un immobile in favore del coniuge, per effetto di accordi consensuali, è comunque riconducibile alla volontà del cedente e non al provvedimento giudiziale di omologazione. Nel caso di specie non è, dunque, riscontrabile la causa di forza maggiore, anche per via della scelta del contribuente di acquistare un nuovo immobile in un altro Comune, nell’arco di diciotto mesi.

Le cause di decadenza del diritto ai benefici per l’acquisto della prima casa sono tre: dichiarazioni previste dalla legge che si rivelano false; vendita o donazione dell’abitazione entro il termine dei cinque anni successivi alla data di acquisto (salvo che, entro un anno, non si proceda all’acquisto di un altro immobile da adibire ad abitazione principale); mancato trasferimento, entro diciotto mesi dall’acquisto, della residenza anagrafica nel comune dell’immobile acquistato, con la sola deroga della causa di forza maggiore e in quest’ultimo caso rientra la fattispecie concreta che è stata oggetto di decisione.

L’ordinanza emessa segue l’orientamento precedentemente espresso dalla Suprema Corte, con altre sentenze – quale la n. 2263 del 3 febbraio 2014 citata nella decisione in oggetto – in cui è stato chiarito che le convenzioni concluse dai coniugi in sede di separazione personale, contenenti attribuzioni patrimoniali relative a beni mobili o immobili, corrispondono, generalmente, al peculiare spirito della regolazione dei rapporti in occasione della separazione consensuale, non sono legate né a un corrispettivo, né costituiscono propriamente donazioni.

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