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Il 2 ottobre si è tenuto a Roma un Convegno promosso dal Censis sul tema: “Quale futuro per il rapporto medico – paziente nella nuova sanità?”. Il Convegno è stata l’occasione per presentare una ricerca realizzata dal Censis stesso nell’ambito delle attività del Forum per la Ricerca Biomedica. Dalla ricerca emergono spunti interessanti di riflessione e la conferma di quanto va sostenendo da tempo l’Anap circa il ruolo fondamentale del medico di famiglia.

Ecco in sintesi i risultati della ricerca:

Quando si presenta un problema di salute, per il 73,2% degli italiani è più importante capire che cosa sta succedendo, piuttosto che trovare subito il rimedio più efficace (26,8%). Si tratta di un dato in aumento (nel 2006 la pensava così il 64,9%), che testimonia la crescente responsabilizzazione sanitaria individuale e la maggiore partecipazione del singolo al percorso diagnostico e terapeutico. Non a caso, oggi gli italiani si definiscono in maggioranza (il 59,7%) molto o abbastanza informati sui temi sanitari.

La principale fonte del proprio bagaglio di conoscenze è il medico di medicina generale (per il 55,6%), segue Internet (10,8%), i familiari e gli amici (10,1%), la televisione (5,9%), il medico specialista (5,8%), il farmacista (4%) e la carta stampata (3,6%).

Nel decennio trascorso l’informazione sanitaria ha goduto di una esposizione mediatica straordinaria. La medicina ha «tirato» sui mass media e la salute è stata un argomento di moda, soprattutto nella declinazione del concetto che coinvolge il benessere e la bellezza. La quota di italiani che segue abitualmente (18,5%) o qualche volta (58,8%) i tanti programmi televisivi su questioni di salute, come Elisir, Medicina 33, Tg2 Salute, è complessivamente pari al 77,3%. Negli ultimi anni però il mondo dell’informazione è stato investito da una trasformazione epocale, con la diffusione dell’accesso a Internet.

Utilizza Internet per ottenere informazioni sulla salute il 32,4% degli italiani. Di questi, il 90,4% effettua ricerche su specifiche patologie, il 58,6% cerca medici e strutture cui rivolgersi, il 15,4% prenota visite ed esami attraverso la rete, il 13,9% frequenta chat, forum e web community dedicate ai temi sanitari per lo scambio di informazioni ed esperienze, il 2,8% (che corrisponde solo allo 0,9% degli italiani) acquista farmaci online. Degli internauti che sfruttano la rete per motivi sanitari, il 97,6% utilizza i motori di ricerca come Google (spesso il 23,2%, qualche volta il 74,4%), il 73,2% consulta siti specializzati o scientifici (spesso il 14%, qualche volta il 59,2%), il 38,3% legge la sezione salute dei quotidiani online, il 34,7% utilizza con questo scopo i social network, il 29,8% naviga nei siti istituzionali.

Lo spazio dedicato dai mass media ai temi legati al benessere, agli stili di vita e alla bellezza appare oggi eccessivo al 48,5% degli italiani, mentre è giudicato scarso quello dedicato alle malattie rare (lo pensa il 65%) e alla ricerca (60,1%).

Tra i principali difetti della comunicazione sanitaria sui mass media c’è poi la complessità delle informazioni fornite (secondo il 33,3% delle opinioni raccolte), l’enfatizzazione dei rischi per situazioni con un impatto reale minimo, come ad esempio nel caso dell’influenza aviaria (31,1%), la carenza di informazioni pratiche (27,2%), la leggerezza con cui talvolta vengono trattate le sperimentazioni, come se fossero terapie già disponibili (15,8%), il mancato aggiornamento (15%).
E il ruolo dei mass media appare ridimensionato nella determinazione dei comportamenti individuali. Meno di un terzo degli italiani traduce in pratica qualche volta le informazioni raccolte attraverso i mezzi di comunicazione (solo il 29,8%), mentre il 70,2% afferma di non avere mai adottato le indicazioni ricevute dai media. Al massimo, il 17,2% modifica il proprio stile di vita (corregge l’alimentazione, smette di fumare, si dedica all’attività fisica), il 15,3% decide di provare nuovi farmaci o prodotti per il benessere, l’8,6% di sottoporsi a un controllo medico.

Invece l’importanza del rapporto tra il medico e il paziente nel definire il percorso clinico viene ampiamente riconosciuta dagli italiani. Tanto che una cattiva comunicazione tra operatori sanitari e malati avrebbe forti conseguenze in termini di ritardi nella prima diagnosi (lo pensa il 92,2%), nello stabilire la terapia più efficace (91,3%), arrecando al malato danni psicologici come ansia o depressione (85,7%), causando la prescrizione di trattamenti sbagliati (85,1%). E il 63,4% degli italiani ritiene che, anche nel caso in cui una persona sia colpita da una malattia grave, il medico dovrebbe comunicare la diagnosi direttamente al paziente, anche nei casi peggiori.

A proposito dell’atteggiamento che il medico dovrebbe avere quando si relaziona con il paziente, per il 41,1% degli intervistati il dottore dovrebbe avere le idee chiare e convincere il paziente sul da farsi. Per il 41,7% dovrebbe ascoltare il malato e adattare le soluzioni al caso che ha davanti. Per il 17,2% dovrebbe invece soprattutto tranquillizzarlo ed evitare che possa adottare comportamenti scorretti. Infine, secondo il 76,3% delle opinioni raccolte, quando si relaziona con il medico, il paziente dovrebbe ascoltarlo e adeguarsi, mentre il 23,7% ritiene che sia più proficuo far valere il proprio punto di vista.

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